Dall’età di 8 anni, ogni qualvolta i numerosi maestri o parenti mi chiedessero: “ Cosa vuoi fare da grande?” il mio volto si è sempre ingrigito, troppo orgoglioso per rispondere: ”Non lo so ancora.” Ma troppo indeciso sul mio futuro per trovare una risposta concreta. Oggi sono cresciuto, ho un lavoro, una fidanzata, forse una casa, ma non sono felice. Felice nel vero senso del termine, anche perché secondo me questa parola senso non ne ha. Nessuno è felice, puoi essere contento un giorno, triste un altro, ma raggiungere uno stato tanto spensierato e paradisiaco è quantomeno un’illusione. Ed io le illusioni le rifuggo. Non fanno per me, io che costantemente lucido non chiudo gli occhi di fronte al male che è la vita, alla sua ingiustizia o alla sua infinita bruttezza. Così giorno, dopo giorno, anno dopo anno, quella domanda mi è rimasta in mente perché ancora alla ricerca di una risposta. “Cosa vuoi fare da grande?” “Il bambino.” Questa è la mia risposta. Eternamente allo stadio infantile, senza preoccupazioni, senza impegni, senza problemi. Mi piacerebbe vivere in un gioco infinito, dove tutto e tutti sono forse veramente felici, dove io in fondo potrei davvero conoscere la felicità. E al diavolo tutti i preconcetti e le persone superiori e gli appuntamenti e le diete. Giocare a palla, un giocattolo tondo come il mondo, come se fossi io a governare le leggi di questa Terra. La difficoltà ora è trovare il modo di fare il bambino da grande, trovare l’anno di congiunzione, trovare la pace, il giusto equilibrio tra il sogno e la realtà. E se per esaudire questa mia pazzìa diventerò un mago o un truffatore, sarò solo o con qualche sognatore come me, avrò forse raccolto il frutto di tutti gli insegnamenti della madre vita.

R: Barbara Passerotti.